Al di là delle nebbie del tempo, oltre un mare di lacrime e ricordi, si erge tra i flutti l’isola di Avalon.
Una terra ancestrale dove gli dei immortali hanno stabilito la loro dimora. Le potenze che in tutto il multiverso vengono adorate ed invocate, qui camminano su una terra incantata.
Su quest’isola infatti si aprono portali che possono condurre in mondi misteriosi e sconosciuti. Proprio da uno di questi portali giunse un triste giorno il Gran Negromante. Da un vortice di pura oscurità egli emerse nel Tempio di Nyx, la Dea della Notte, e con una lama incantata ne trapassò il cuore.
La Dea si frantumò come uno specchio, le cui mille schegge piovvero su Avalon come stelle cadenti.
In quel momento tutto cambiò.
Se una Dea poteva essere uccisa, allora il concetto stesso di immortalità si sgretolava, e con esso le fondamenta dell’isola.
Ishtar, la dea della luce, per far fronte a questo inatteso nemico e vendicare sua sorella, utilizzo i portali per convocare da altri mondi una schiera di cavalieri, al servizio di Re Artù Pendragon.
Tuttavia lo stesso fece il Negromante, che una volta distrutta la Dea della Notte poté convocare dai reami più oscuri i Signori delle Tenebre, un tempo prigionieri della stessa Nyx.
I Cavalieri giunti insieme ad Artù giunsero in una terra dilaniata dal caos e dalle lotte intestine.
Il Khan di tutti i clan Barbari era stato assassinato ed ora i Dodici Clan lottavano tra loro per il territorio, la gloria o mossi da rancori e vendette creando un fertile terreno per i Signori delle Tenebre portatori di discordia.
Fu proprio il clan del Khan assassinato, ad accogliere Artù con le spade sguainate: l’usurpatore ordinò la carica ai suoi guerrieri.
A nulla valse la clemenza dei paladini, la furia dei barbari non concedeva tregua e l’intero clan trovò la morte in quello scontro.
L’usurpatore stesso venne giustiziato dalla figlia del Khan, unica superstite dei Lupi della Luna, conosciuta da allora come Dragva l’Indomita.
Giunti al cospetto della Dea Isthar i Cavalieri erano macchiati dal sangue degli abitanti di Avalon.
A nulla valsero le parole di Isthar, gli altri Barbari volevano la prova che costoro fossero stati davvero attaccati dai Lupi della Luna e che non fossero invasori.
Aslan, dello scomparso clan degli Ululati Bianchi, sfidò Artù. Il Re concesse il suo campione Parsifal per l’ordalia, e benché la forza dei colpi del Barbaro facesse tremare la terra, fu proprio il cavaliere a trionfare.Quando Aslan si rialzò dalla polvere non ebbe dubbi. Costoro erano alleati, uomini di valore e di onore ma sopratutto, come dicevano le leggende, guerrieri invincibili!
In quel giorno consacrato dal sangue, il luminoso concilio di Ishtar si incontrò per la prima volta.
Per i Barbari parlò il Signore delle Ossa, il più riverito sciamano delle tribù.
I Clan dovevano riunirsi, un nuovo Khan sarebbe dovuto sorgere, altrimenti tutti si sarebbero dovuti inchinare ad Artù.
Per fare questo un campione avrebbe dovuto partecipare all’Ordalia, incontrando tutti i clan e sottoponendosi a delle prove per riunire dodici cimeli in un unica corona.
I nobili ambasciatori dei Regni Elfici si presentarono, ma mostrarono ben poca fiducia e apertura. Tre dei loro sovrani avrebbero osservato l’operato del concilio di Ishtar prima di schierare le loro forze.
Gli incantatori invece raccontarono la triste fine della dea Nyx, raccontarono di come i suoi frammenti si siano sparsi su tutta Avalon e di come i signori delle tenebre in quello stesso momento stavano sorgendo dalle loro prigioni.
Se una Dea immortale era stata uccisa il concetto stesso di eternità vacillava così come l’imperitura prigionia di questi esseri. Si decise di agire con pragmatica determinazione.
Gli incantatori aprirono il portale che conduceva nelle terre della notte e le schiere di Artù e Ishtar interruprero un oscuro concilio che sembrava la tetra parodia di quello ordinato dalla dea.
Assiso su un trono di teschi il Gran Necromante era circondato dai suoi servitori.
Le uniche parole che tali opposti schieramenti potevano scambiarsi potevano essere solo taglienti motti di sfida, così in quella notte indimenticabile, ci fu il primo scontro.
Il Necromante, dotato del potere di uccidere una Dea, si credeva invincibile e, scagliati i suoi dardi arcani su Artù si avvicinò al Re piegato dal dolore.
Questa mossa lo portò impudentemente a portata di Excalibur, la leggendaria lama brandita da Artù.
L’Oscuro signore del male imparò a sue spese, che quell’arma portentosa avrebbe garantito sempre la vittoria ad Artù.
Il male si ritrò ma anche Artù imparò che quel male non poteva essere sottovalutato. Uno dei Signori Delle Tenebre, la Figlia del Fuoco, scattò in avanti per coprire la ritirata del suo signore.
La sua lama fiammeggiante tagliava scudi e spade, trapassava le armature e ustionava le carni di chiunque osasse sfidarla. Lo stesso Artù fu ferito da quel fuoco.
Le tenebre si ritirarono, ma il campione della luce ferito non potè inseguirle per dar loro il colpo di grazia.
La battaglia fu vinta, la guerra era appena cominciata.